I monumenti (parte I)
I monumenti (parte I)
- ABBAZIA DI SAN SILVESTRO
- GLI SCAVI ARCHEOLOGICI
- MUSEO BENEDETTINO NONANTOLANO E DIOCESANO DI ARTE SACRA
- ARCHIVIO ABBAZIALE
- PIEVE DI SAN MICHELE ARCANGELO
- TORRE DEI MODENESI O DELL'OROLOGIO
- TORRE DEI BOLOGNESI O ROCCA (sede del Museo di Nonantola)
- CHIESA DI SANTA MARIA FUORI LE MURA detta SANTA FILOMENA
- CASA PREVIDI
- PALAZZO SERTORIO E PIAZZA LIBERAZIONE
- PALAZZO SALIMBENI (PALAZZO COMUNALE)
- GIARDINO COMUNALE “PERLA VERDE”
- SALA DELLE COLONNE E
- SALA DEGLI AFFRESCHI DELL'EX REFETTORIO DELL'ABBAZIA DI NONANTOLA
ORARI DI VISITA
In attesa del restauro, la visita della basilica è parte integrante del percorso di visita del Museo Benedettino e Diocesano. Gli orari di visita sono i medesimi del museo.
- Dal lunedì al giovedì: dalle 9 alle 12.30.
- Dal venerdì alla domenica: dalle 9 alle 12.30 e dalle 14 alle 18.
Altri orari su prenotazione per gruppi (almeno 10 persone)
(N. B.: la biglietteria termina sempre il servizio mezz’ora prima dell’orario di chiusura indicato)
Nei prossimi mesi, con l’avvio del tanto atteso cantiere di restauro post-sisma, la visita della basilica potrà subire limitazioni indipendenti dalla proprietà. Nella sezione "Notizie" della home page del sito www.abbazianonanantola.it saranno date tempestivamente tutte le informazioni relative al cantiere ed alla sua accessibilità alle visite dei turisti.
BIGLIETTI
Info su biglietti e visite guidate allo 059 549025.
CONTATTI DEL MUSEO
Direttore responsabile del museo: Dott.ssa Simona Roversi
Via Marconi 3, 41015 Nonantola (Mo)
Telefono: 059 549025; Posta elettronica: museo@abbazia-nonantola.net
Sito internet: www.abbazianonantola.it
Anselmo, cognato di Astolfo re dei Longobardi, fu il fondatore e primo abate dell'abbazia di Nonantola; la fondazione del monastero nonantolano, avvenuta nel 752, è da imputarsi ad una pluralità di fattori non soltanto religiosi ma anche politici e militari (per le vicende storiche riguardanti l'abbazia di Nonantola si veda: CENNI STORICI)
La chiesa costruita da Anselmo venne consacrata nel 752 dal vescovo di Reggio Emilia Geminiano e intitolata a Maria Vergine, nel 754 fu consacrata nuovamente dal vescovo di Ravenna e dedicata ai Santi Apostoli, infine, nel 756, in seguito alla traslazione delle reliquie di San Silvestro da Roma, la chiesa abbaziale fu consacrata a questo santo.
Della costruzione dell'epoca di Anselmo rimangono oggi poche tracce, soltanto alcuni capitelli della cripta ascrivibili secondo alcuni studiosi alla fondazione originaria e alcuni frammenti decorativi.
L'attuale costruzione, fortemente rimaneggiata e restaurata, appartiene alla piena età romanica; la data esatta di costruzione non è attestata ma grazie ad un'iscrizione incisa sull'architrave del portale maggiore sappiamo che a causa del terremoto del 1117 crollarono i culmina templi (i tetti dell'abbazia) e che la ricostruzione iniziò nel 1121: secondo alcuni studiosi l'abbazia, distrutta dal sisma, venne completamente ricostruita nel 1121 (Porter, Salvini, Gandolfo), secondo altri il terremoto fece crollare soltanto il tetto risparmiando la chiesa edificata nel 1090, in piena età matildica (Quintavalle, Calzona, Garuti). Dalla lettura stratigrafica degli alzati murari dell'abbazia è emerso che le murature più antiche della prima struttura romanica, precedenti al terremoto del 1117, coincidono dal punto di vista planimetrico a quelle odierne; i pesanti rifacimenti effettuati sulla chiesa dopo il 1117 sono attestati anche dalla presenza di ceramiche bizantine applicate in un periodo successivo al terremoto nella parte alta delle absidi.
Tra 1913 e 1917 il Canonico Ferdinando Manzini, su incarico dell'Arcivescovo di Modena Natale Bruni, diede il via ad un'imponente opera di restauro dell'abbazia per ridonarle l'originario aspetto medievale: fu riportata alla luce la cripta, vennero restaurate le absidi, liberato dall'intonaco l'interno e con interventi, a volte del tutto arbitrari, si ricostruì la facciata in stile romanico, si eressero il presbiterio e le scale di accesso.
Gli stipiti a bassorilievo del portale presentano un tralcio vegetale abitato nella parte interna e due cicli iconografici nella parte esterna. Sullo stipite di destra del portale 9 formelle rappresentano la natività di Gesù, su quello di sinistra 10 formelle figurano i momenti salienti della storia dell'abbazia di Nonantola; i cicli sono retti da due telamoni.
Le absidi non furono alterate dai restauri di inizio '900 e sono scandite da lesene che reggono arcate sottolineate da file di archetti ciechi; l'interno, che purtroppo ha risentito notevolmente dei restauri novecenteschi, è ritmato da grandi pilastri a fascio quadrilobati ed è diviso in tre navate . La cripta è composta da 64 colonne e 22 semicolonne e vi sono 36 capitelli antichi datati dall'VIII all'inizio del XII secolo.
Del monastero medievale annesso all'Abbazia rimangono alcuni elementi strutturali, ora inglobati nel palazzo a fianco. Al primo piano dell'edificio si trova l'Archivio Abbaziale, e, al secondo piano, è collocata la sede del Museo Benedettino Nonantolano e Diocesano d'Arte sacra.
GLI SCAVI ARCHEOLOGICI
Dall'estate del 2002 a quella del 2009 l'abbazia di San Silvestro ed il borgo di Nonantola sono stati oggetto di scavi archeologici condotti dall'Università degli Studi Cà Foscari di Venezia sotto la direzione dei Prof. Sauro Gelichi e Mauro Librenti.
Gli scavi si sono concentrati in due aree intorno al nucleo religioso: una a ridosso delle absidi e una nell'area centrale del giardino abbaziale dove sono state ritrovate strutture ed oggetti riguardanti le diverse fasi di vita del monastero nonantolano.
Nell'area a ridosso delle absidi sono state individuate tracce di attività produttive ed una decina di inumazioni relative al cimitero dell'abbazia datate all'XI-XII secolo. Sono state ritrovate anche le tracce di una struttura in legno e laterizi databile alla prima fase della fondazione monastica.
Nell'area centrale del giardino abbaziale sono state individuate numerose strutture inerenti a diverse fasi di utilizzo degli edifici annessi all'abbazia: i resti di un edifico di XVI secolo sovrapposto a strutture datate al IX-X secolo sotto cui erano presenti alcune strutture databili all'VIII-IX secolo. Sono state inoltre individuate tracce del chiostro bassomedievale con resti di attività di cantiere e un'area occupata dall'orto.
I dati riguardanti gli scavi eseguiti dal 2007 al 2009 devono ancora essere pubblicati.
MUSEO BENEDETTINO NONANTOLANO E DIOCESANO DI ARTE SACRA
Via Marconi n° 3
41015 Nonantola (Mo)
Tel: 059-549025
Fax: 059-544242
e-mail: museo@abbazia-nonantola.net
Costo e orari: per informazioni riguardo gli orari di apertura ed il costo dei biglietti si veda il sito: www.abbazianonantola.it
Tra gli oggetti più importanti del Tesoro abbaziale si possono ammirare la reliquia della S. Croce (stauroteca: X-XI sec.; teca esterna: 1679); la stauroteca a doppia traversa (XI-XII sec.), la stauroteca a croce greca (XIII-XIV sec.), il reliquiario dei SS. Senesio e Teompompo (fine XII- inizio XIII sec.), la lipsanoteca del braccio di S. Silvestro (1372), l'evangelistario di "Matilde di Canossa" (XII sec.), il Graduale o Cantatorio (XI-XII sec.) e una cassettina reliquiario in avorio (fine XI-inizio XII sec.).
All'interno del museo sono conservate anche una scelta di pergamene dell'Archivio abbaziale, il Polittico di Michele di Matteo (fine XV sec.), la pala dell'Ascensione (XV), la Croce dell'Abate (XV sec.), il pastorale dell'Abate Bonomi (1573-1582), il S. Carlo di Ludovico Carracci (1613-1616) e una scelta di paramenti e arredi liturgici.
Per ulteriori informazioni sul museo e su eventuali mostre in programmazione si veda il sito: www.abbazianonantola.it
ARCHIVIO ABBAZIALE
Via Marconi n° 3
41015 Nonantola (Mo)
Tel: 059-549025
e-mail: archivio@abbazia-nonantola.net
Orario: per le informazioni sugli orari e le modalità di accesso si veda il sito: www.abbazianonantola.it
Nell'Archivio Abbaziale di Nonantola sono conservate più di 4.500 pergamene e 131 di questi documenti sono precedenti al Mille; numerosi sono i diplomi di imperatori e papi, tra i più famosi si possono annoverare quelli di Carlo Magno e di Federico Barbarossa e le chartae di Matilde di Canossa.
Nell'archivio sono anche contenuti i Libri di Amministrazione del monastero, i Protocolli, i Registri, gli Atti notarili, le Precarie, gli Atti del Commissario di Ferrara e i Carteggi; vi sono conservati anche l’Archivio della Curia Abbaziale, gli Atti del Foro Ecclesiastico e due piccoli archivi, del card. Alberto Bolognetti e della Confraternita della SS. Annunziata.
Per maggiori informazioni sul patrimonio dell'archivio abbaziale si veda il sito: www.abbazianonantola.it
PIEVE DI SAN MICHELE ARCANGELO
Via della Pieve n° 43
41015 Nonantola (Mo)
Tel: 059-548859
Fax: 059-546545
Costo: gratuito
Orario: apertura su appuntamento telefonando al numero 059-548859.
Eretta tra l'870 e l'887 dall'abate Teodorico fuori dalle mura di Nonantola ad uso della popolazione rurale, la chiesa, dedicata all'arcangelo Michele, viene ricordata come pieve nell'XI secolo (si definisce pieve una la chiesa dotata di battistero che esercita la giurisdizione ecclesiastica su un territorio).
La costruzione dell'edificio romanico si può collocare in un lasso di tempo che va dal 1011, data in cui nei documenti si ritrova l'accenno ad una pieve, al 1101, data in cui è attestato un Sinodo tenutosi nella Pieve.
Fino al 1300 la pieve di San Michele fu dipendente dall'abbazia di Nonantola con la quale ebbe numerose liti riguardo l'elezione dei canonici.
Verso la fine del XVIII secolo subì un pesante intervento di restauro ad opera del Cardinale Alessandro Albani che alterò le originarie forme romaniche dell'edificio: la cripta fu interrata, i pilastri inglobati nei muri, il precedente assetto a 3 navate lasciò spazio ad una pianta a unica navata con cappelle laterali. Il soffitto ligneo fu sostituito da un soffitto a volte (senza modificare però il profilo esterno della copertura originaria) e la facciata rifatta in stile barocco. In quegli anni fu ricostruito anche il campanile poiché era crollato.
Tra 1916 e 1924 si avviarono dei lavori di restauro per ridonare alla Pieve l'originaria forma romanica ma, a causa della mancanza di fondi, venne restaurata soltanto la zona delle absidi e quella presbiteriale; in quegli anni fu scavata anche l'area della cripta in cui furono rinvenuti diversi capitelli. Nel 1926 i lavori, interrotti dal 1920, furono terminati in fretta per poter riaprire la chiesa al culto e si provvide a ricoprire d'intonaco i muri interni, a soffittare le navate minori, a pavimentare la chiesa e a chiudere la cripta.
La chiesa venne chiusa al culto dal 1978 perché dichiarata inagibile e dal 1984 fu oggetto di un importante intervento di restauro; alla fine degli anni '80, in seguito ai lavori di consolidamento delle fondazioni, è stato possibile effettuare uno scavo archeologico grazie al quale sono stati chiariti i rapporti tra la pieve bassomedievale e l'edificio carolingio: l'edificio più antico, che misurava 10,5X26 metri, possedeva una struttura a tre navate suddivise probabilmente da pilastri e terminanti in 3 absidi semicircolari. La successiva costruzione romanica (secoli XI-XIII) anche se rispetta la proporzioni della chiesa fondata da Teodorico, risulta essere due volte e mezzo più grande.
Oggi delle absidi romaniche rimangono la mediana e la meridionale, quella settentrionale fu ricostruita nel 1700. Le due absidi originali sono scandite da lesene tra cui sono presenti due ordini di monofore strombate di cui, quelle inferiori, illuminavano la cripta; la decorazione esterna di coronamento delle absidi è molto elaborata, giocata prevalentemente sugli effetti chiaroscurali.
All'interno della pieve sono state ripristinate le absidi e le arcatelle originali del presbiterio; la cripta, durante i lavori di restauro degli ultimi anni, ha restituito residui pavimentali di mattoni su più strati, reperti di fondali di altari, le tracce dell'edificio carolingio e numerose sepolture.
TORRE DEI MODENESI O DELL'OROLOGIO
Via Roma
41015 Nonantola (Mo)
Orario: interno non visitabile.
Il 1261 fu l'anno in cui il Comune di Modena stipulò un lodo con il cenobio nonantolano in cui si sanciva la perdita della giurisdizione temporale dell'abate di Nonantola a favore della comunità modenese.
Gli anni che precedettero il lodo e la costruzione della torre furono caratterizzati da una serie di tentativi da parte dei Modenesi di conquistare i territori nonantolani: alle mire espansionistiche modenesi i Nonantolani tentarono di opporsi cercando aiuto da più parti, nel 1131 si allearono con i Bolognesi contro i Modenesi ma prima che la guerra scoppiasse venne stipulata la pace anche grazie all'intervento e alla minaccia di interdetto del papa; ciononostante i Modenesi continuarono a cercare di sottomettere alla propria giurisdizione Nonantola che per anni fu contesa tra Modena e Bologna. In quegli anni l'Italia era travagliata dalle lotte tra Guelfi e Ghibellini; anche Nonantola fu travolta dalla guerra e passò dal controllo dei Guelfi, alleati con i Bolognesi, nel 1248 a quello dei Modenesi nel 1249 per volontà di Bologna per poi ritornare ai Bolognesi nel 1307.
La torre dei Modenesi era un elemento fondamentale del sistema difensivo medievale di Nonantola; questo apparato di difesa si era modificato nel corso dei secoli: partendo da un sistema di fossati a ridosso del complesso abbaziale si arrivò, a metà dell'XI secolo, all'innalzamento della cinta muraria voluta dell'abate Gotescalco, che racchiudeva uno spazio che comprendeva il monastero e le abitazioni della comunità rurale. A questo periodo storico sono riferibili le tracce di una porta fortificata che conduceva al monastero; le strutture appartenenti a questo sistema di accesso al borgo, che si conservano ancora in minima parte in alzato, sono state indagate durante agli scavi archeologici condotti nel 2004 dall'Università Cà Foscari di Venezia.
Nel XIV secolo vennero costruite numerose strutture annesse alla torre: sul lato ovest fu edificato un rivellino (fortificazione indipendente posta a protezione della porta di accesso alla fortificazione) preceduto da un ponte e sul lato est un altro edificio di rinforzo; fu costruita anche una porta sul margine nord della torre che la collegava con l’angolo nord-ovest della cinta muraria, la torre era ormai parte integrante della Porta del Borgo (allora completamente modificata rispetto alla fase del 1261).
Nel XVII secolo la torre fu adibita a prigione e 2 edifici si impostarono su quelli precedenti bassomedievali: a est, fin dal 1623, era presente la casa del custode del carcere e ad ovest era attestato un altro edificio dal 1620 (nel 1833 documentato come negozio Allegretti).
Tra 1920 e 1925 vennero demolite le mura del borgo e con esse il fabbricato a 3 piani sul lato est della torre, quello a un solo piano ad ovest e la Porta Vecchia.
Durante il XX secolo la torre fu adibita a casa per i poveri e, durante la Seconda Guerra Mondiale, fu un rifugio antiaereo; oggi è la sede delle attività culturali musicali di Nonantola.
La torre, costruita in mattoni, si presenta con una pianta quadrata di 10,7X9,63 metri, ha un altezza di 30,5 metri ed è divisa in 5 piani. La merlatura guelfa con cui originariamente terminava è stata in parte murata e ricoperta da un tetto con in cima un torricino che ospita la campana comunale.
Sul prospetto ovest è collocato un orologio documentato dal XVI secolo.
La torre dei Modenesi è stata oggetto di una serie di studi realizzati dall'Università Cà Foscari di Venezia tra il 2001/2002 e il 2004 che hanno premesso di effettuare la lettura stratigrafica delle strutture murarie e gli scavi archeologici realizzati nell'area circostante l'edificio.
Da questi studi è emersa una struttura, in gran parte obliterata dalla costruzione della Torre dei Modenesi su cui andò ad innestarsi, costituita da una porta fortificata composta da un passaggio per i carri a nord e da un varco per l'accesso pedonale a sud; durante il XIV secolo le strutture difensive intorno la torre si moltiplicarono in direzione della zona dove oggi c'è la Piazza del Pozzo dove fu aperta un'altra porta (di cui rimangono tracce nel lato nord del Palazzo della Biblioteca.). Dopo il 1419, quando Nonantola divenne Comune autonomo, la porta bassomedievale fu tamponata e la torre chiusa da un tetto mentre la Porta Vecchia, sul fianco nord della torre, rimase l'unico ingresso occidentale del borgo.
Dagli scavi archeologici risulta che l'alzato che vediamo oggi è databile, in gran parte, al XIII secolo mentre il corpo di fabbrica originario è dell'XI secolo (periodo della costruzione delle fortificazioni volute da Gotescalco); questa fase però andò ad innestarsi su una struttura ancora più antica databile tra X e XI secolo da riferirsi ad un complesso di cui è stata ipotizzata una funzione artigianale.
TORRE DEI BOLOGNESI O ROCCA (sede del Museo di Nonantola)
Ingresso da via del Macello e via Marconi n° 11, giardino Perla Verde.
41015 Nonantola (Mo)
Tel: 059/896656 - 059/896639
Fax: 059-896648
e-mail: archivio@comune.nonantola.mo.it;
museo@comune.nonantola.mo.it
Non accessibile ai disabili; al piano terra è stata predisposta una visita virtuale del museo.
Orario: sabato, domenica e festivi 9.30-12.30 e 15.30-18.30. Chiuso 1 gennaio, 15 agosto e 25 dicembre.
Ingresso gratuito.
Visite guidate: le visite guidate sono possibili su prenotazione contattando preventivamente l`Ufficio Archivi, Musei e turismo allo 059/896656 (tutte le mattine 8.30-13.00 sabato compreso)
mail: archivio@comune.nonantola.mo.it
La torre fu costruita nel 1307 dai Bolognesi che avevano conquistato Nonantola dopo una lunga serie di battaglie con i Modenesi per il controllo del territorio nonantolano; secondo Girolamo Tiraboschi, autore della Storia dell'Augusta Badia di San Silvestro di Nonantola, i Bolognesi vinsero grazie ad una somma di denaro di 3000 lire con la quale corruppero i guardiani modenesi posti a vigilanza del castello, secondo le fonti modenesi i capitani nonantolani si sarebbero assoggettati ai Bolognesi in modo volontario per far terminare le continue battaglie.
La torre è un edificio in mattoni a pianta quadrata di 11,7X12,76 metri alta 38,13 metri, presenta una merlatura guelfa ricoperta da un tetto a capriate già attestato nel 1500 (rifatto negli anni ’70). Ai suoi piedi si vede ancora una delle porte del castello, Porta S. Adriano; proprio entrando da questa porta, sul fianco nord della torre, era murata una lapide marmorea posta a memoria della conquista di Nonantola da parte dei Bolognesi. Quando la porta, nel 1643, fu murata, la lapide rimase occultata alla vista e nel 1700 venne trasportata su quella che allora era la porta principale del paese, vicino alla Torre dei Modenesi. In seguito, dopo la demolizione delle mura e lo smantellamento dell’ultima porta, la lapide rimase nell’oblio fino al momento in cui l’Amministrazione comunale la sistemò prima nell’atrio della Residenza Vecchia della Partecipanza Agraria e infine (terminati e restauri) presso il piano terra della Torre dei Bolognesi dove è ancora oggi esposta. Di seguito vi è la trascrizione e la traduzione della lapide commemorativa:
GOZADINI DE GOZADINIS- ET JOHANES DE BATUCIS
NOT.ET OFF.MUNIC.CASTRORUM
COM. BON.
TRADUZIONE: 1307 indizione quinta. Questo lavoro fu costruito al tempo dei signori Francesco de Roti; Guido de Receputi, Nicolò de Riastelli, Francesco de’ Bentivoglio, Gozadino de’ Gozadini e Giovanni de’ Batuzzi, Notabili e ufficiali dei castelli del Comune di Bologna.
Dopo la demolizione del serbatoio dell’acquedotto, ormai in disuso, si è potuto affrontare il recupero storico conservativo globale della Torre dei Bolognesi.
Il recupero scientifico, terminato definitivamente nel 2004, è stato svolto eseguendo operazioni minime volte alla ricostruzione dei tre solai lignei distrutti dall’intromissione della torre piezometrica e delle scale di accesso ai vari piani. L'edificio ha permesso così di rivelare nuovamente le sue più antiche funzioni di struttura difensiva, lasciate appositamente in vista, in modo da evidenziare la valenza storica che la Torre ha avuto nei secoli.
La Torre dei Bolognesi, per quanto riguarda le murature esterne, corrisponde quasi totalmente a quella costruita nel 1307 (ad eccezione del coronamento, modificato e ricostruito).
Grazie all’analisi della cartografia storica, confermata dagli scavi archeologici effettuati nel 2004 dall’Università Cà Foscari di Venezia, è stato possibile ricostruire il sistema difensivo intorno alla torre: questo sistema era composto da due rivellini a nord, uno a ridosso delle mura di cinta, esterno alle mura, l’altro sulla stessa linea ma interno alle mura; i rivellini erano dotati di porte che, probabilmente grazie all’aiuto di ponti levatoi, permettevano di superare le fosse esterne (a ridosso delle mura di cinta) e interne (relative alle fortificazioni in corrispondenza della torre). Era inoltre presente un sistema di mura interne costituito da un tratto di mura verso nord e uno ad ovest della torre.
La porta attuale al piano terreno è frutto di una ristrutturazione seicentesca mentre quella originaria (tuttora visibile anche se tamponata) era posta ad alcuni metri da terra ed era raggiungibile solo dal camminamento di ronda delle mura. A questa altezza era posto un ballatoio dal quale la guarnigione controllava il transito sulla sottostante strada ammattonata ed azionava le macchine dei ponti levatoi.
Questo sistema permetteva di controllare efficacemente questa zona con operazioni sia offensive che difensive.
All'interno della torre è oggi visitabile il Museo di Nonantola (vedi Musei e Mostre Permanenti)
CHIESA DI SANTA MARIA FUORI LE MURA detta SANTA FILOMENA
Via Vittorio Veneto
41015 Nonantola (Mo)
Tel: 059-548859
Costo: gratuito
Orario: tutti i giorni dalle 9 alle 20.
La compagnia dei Flagellanti poté così costruire una casa adibita ad ospedale e ricovero dedicata alla Beata Vergine ed una chiesa dove poter espletare le pratiche religiose della Confraternita.
All'inizio del 1600, essendo ormai cadente, la chiesa fu ricostruita (più grande della precedete); nel 1782 il duca di Modena Francesco III chiuse numerosi monasteri minori e soppresse molte confraternite tra cui anche quella che gestiva la chiesa e l'ospedale; le proprietà passarono alla Confraternita della S. Croce stabilitasi nella chiesa abbaziale ma, nel 1798, la Repubblica Cisalpina ne incamerò i beni e li mise in vendita.
L’avv. Giovanni Battista Veratti li acquistò e cedette la chiesa all’abbazia (riservandosi il diritto di sepoltura) mentre dall’ospedale ricavò degli appartamenti da affittare; nel 1835 sull’altare dell’Annunziata fu posto dalla Signora Veratti un quadro con l’immagine di Santa Filomena, il cui sepolcro era stato appena scoperto nelle catacombe di Roma, e da allora la chiesa venne chiamata con il nome della santa.
Durante la prima guerra mondiale venne adibita a ricovero per i militari poi fu utilizzata come magazzino di una cooperativa edile ed in seguito abbandonata al degrado più totale. Restaurata e riconsacrata nel 2004 viene oggi utilizzata anche come sala conferenze mentre lo stabile che ospitava l’ospedale è stato trasformato in un ristorante.
L’edificio presenta un portico a tre arcate in stile rinascimentale e abside a forma pentagonale sormontata da un campanile a torre che rievoca lo stile romanico dell’abbazia. L’interno è costituito da un’ampia aula rettangolare che termina in un presbiterio con altare e affreschi settecenteschi.
CASA PREVIDI
Via Roma n° 59
41015 Nonantola (Mo)
Orario : interno del palazzo non visitabile
L'avvocato Stanislao Previdi nell'Ottocento era il proprietario di un bel edificio in stile neoclassico affacciato sulla via principale di Nonantola, via Roma (l'antica via Maestra di Castello).
Questa lunetta raffigura l'incontro tra Dante e il suo avo Cacciaguida in Paradiso alla presenza di Beatrice; la scena è sormonta dalla scritta “E quindi il soprannome tuo si feo”; con questa decorazione Previdi intendeva rendere omaggio alla supposta origine nonantolana della famiglia Alighieri.
In effetti una famiglia Aldighieri o Aldigeri è documentata a Nonantola dal 1012, tra XII e XIII secolo alcuni dei suoi componenti furono tra i più importanti giudici e avvocati dell'abbazia di Nonantola ed ebbero forti legami anche con la famiglia dei Canossa; una parte della famiglia si trasferì a Ferrara (sono presenti in modo regolare nei documenti dal 1135 in poi) dove i suoi membri ricoprirono posizioni di rilievo dall'età matildica alla signoria estense. Girolamo Tiraboschi, nella sua Storia dell'Augusta Badia di Nonantola, fu il primo ad affermare che una donna, appartenente ad un ramo della famiglia trasferitosi a Ferrara “divenuta moglie di Cacciaguida triavo del Poeta Dante diede a quella famiglia il suo proprio cognome” .
PALAZZO SERTORIO E PIAZZA LIBERAZIONE
Piazza Liberazione
41015 Nonantola (Mo)
Orario: interno del palazzo non visitabile
La facciata si presenta con una serie di portici archivoltati, di finestre ellittiche nel sottotetto ed un soffitto di gronda a sguscio dovuti ad un intervento di ristrutturazione tardo settecentesca.
All'interno un ampio scalone conduce al piano nobile dove sono presenti ampie sale alcune delle quali conservano un soffitto decorato a pennacchi.
La parte est del complesso comprendeva una costruzione adibita a stalla, magazzini e abitazioni per la servitù ed un ampio giardino che fu in seguito occupato da un edifico che conclude l'isolato a est.
Il palazzo nel lato sud, su via Piave, ha inglobato parte delle antiche mura castellane e la struttura di una delle torri del Castello.
Sotto il portico è collocato un affresco del XVIII secolo di un anonimo emiliano raffigurante la Madonna del Rosario.
L'edificio sorge su Piazza Liberazione, una delle piazze più suggestive di Nonantola, che conserva ancora parte della struttura medievale con le sue case porticate ai lati sud e ovest.
Sul lato nord della Piazza è riconoscibile l'edificio che ospitava l'oratorio di San Rocco, costruito nel '700 per volere della famiglia Sertorio, ora adibito ad abitazione privata.
Nell'estate del 2004 in Piazza Liberazione è stato condotto uno scavo archeologico diretto dall'Università Cà Foscari di Venezia su un'area di circa sessanta metri quadrati: dalle indagini è emerso un cimitero databile tra XII e XIV secolo. Lo scavo ha portato alla luce 182 inumazioni di cui 180 tombe singole in fossa terragna la maggior parte delle quali orientate ovest-est (soltanto due tombe molto danneggiate erano orientate nord-sud). Dalle analisi antropologiche effettuate dall'Università di Venezia è emerso un campione formato da 96 individui adulti (52 maschi, 39 femmine e 5 di sesso non determinabile) e 86 individui non adulti.
Le sepolture facevano probabilmente parte di un cimitero parrocchiale collegato alla chiesa di San Lorenzo (una chiesa oggi scomparsa già citata dal Tiraboschi tra i beni soggetti alla giurisdizione abbaziale e plebana di S. Michele menzionata nel Sinodo del 1101 e nella Bolla di Clemente III e qualificata nel 1273 come parrocchia all'interno delle mura) .
PALAZZO SALIMBENI (PALAZZO COMUNALE)
Via Marconi n° 11
41015 Nonantola (Mo)
Palazzo Salimbeni è oggi la sede del Comune di Nonantola, l'edificio è composto da uno stabile appartenuto al monastero nonantolano e da una parte di fabbricato di costruzione ottocentesca.
Il generale napoleonico Leonardo Salimbeni, comandante della scuola militare di Modena, membro di una nobile famiglia di origine senese poi trasferitasi a Modena, nel 1799 acquistò dalla Repubblica Cisalpina alcuni beni appartenuti all'abbazia e al seminario nonantolano che, a causa della soppressione degli ordini religiosi, le erano stati espropriati.
Leonardo Salimbeni acquistò “il convento de' già monaci cistercensi, con orto irrigabile, due cortili, il corridoio presso la chiesa ed altri fabbricati e comodi annessi, situati in Nonantola e una parte del soppresso seminario” oltre ad altri numerosi possedimenti nel circondario.
I Salimbeni acquistarono una parte considerevole dei beni abbaziali, compreso l'antico refettorio a quel tempo trasformato in granaio (l'attuale Sala delle Colonne e degli Affreschi), ma per poter trasformare quegli edifici in locali ad uso residenziale fecero eseguire numerosi lavori edilizi, resi necessari anche a causa del notevole stato di degrado in cui versava il complesso: fecero abbattere il lato orientale dell'antico chiostro, prolungarono l'edificio verso est, concludendolo con un'ala perpendicolare destinata a servizi e aggiunsero un corpo di fabbrica a tre piani sul lato allineato al seminario, con ambienti di rappresentanza. L'assetto esterno del palazzo, anche se debitamente ristrutturato, è rimasto sostanzialmente invariato fino ad oggi.
Il conte Filippo, a causa di alcune difficoltà finanziarie, si trovò costretto a vendere l'edificio nel 1898 all'Amministrazione Comunale per 2.399 lire; egli pose nel contratto la clausola vincolante che la via sulla quale si affacciava il palazzo venisse denominata via Salimbeni (l'attuale via Marconi).
Il palazzo fu modificato nel corso del tempo per alloggiare gli uffici comunali ma si possono ancora notare gli elementi propri dell'antica residenza nobiliare: lo scalone con ringhiera in ferro battuto che porta al primo piano, il soffitto dipinto con scene di frutta e cacciagione nell'ambiente che ora ospita il centralino e che era in origine la sala da pranzo della famiglia e la Sala del Consiglio che conserva il pavimento originale, le decorazioni floreali sul soffitto e i busti marmorei di Leonardo Salimbeni e la moglie Alfonsina.
Attualmente nel Palazzo sono visitabili la Sala delle Colonne e degli Affreschi, ex refettorio dell'abbazia di Nonantola, affrescato in età romanica e l'Archivio Storico Comunale che conserva la documentazione prodotta dalla comunità nonantolana dal 1419 in poi.
La torretta quadrata sul tetto del palazzo ospita inoltre l'acetaia del Comune di Nonantola.
GIARDINO COMUNALE “PERLA VERDE”
Via Marconi n° 11
41015 Nonantola (Mo)
PERCORSO DEI CIPPI DI CONFINE DEL TERRITORIO NONANTOLANO
All'interno del Giardino Comunale “Perla Verde” è stato allestito un percorso in cui sono stati esposti 4 termini di confine del territorio nonantolano di forma cubica culminanti in una punta di diamante e 5 cippi segnavia a forma di stele rettangolare.
Questi manufatti sono stati collocati lungo i vialetti che portano alla Torre dei Bolognesi (sede del Museo di Nonantola) e alla Sala delle Colonne e degli Affreschi. I 4 termini di confine sono stati posizionati per lo più seguendo lo stesso punto cardinale in cui si trovavano originariamente lungo i confini mentre i 5 cippi segnavia indicano approssimativamente la direzione della località incisa sul cippo.
Questo percorso di valorizzazione è stato preceduto da una ricerca d'archivio e dal restauro conservativo dei cippi di confine ed affiancato dalla pubblicazione del volume “Nonantola terra di confine” di Francesca Sighinolfi e Silvia Gavioli.
Nonantola risulta essere da sempre una terra di confine: fin dall'età romana infatti, secondo alcuni studiosi, Nonantola rappresenterebbe il confine tra i territori di Mutina e Bononia; la fondazione dell'abbazia altomedievale, oltre a motivazioni religiose, doveva presumibilmente avere anche lo scopo di presidiare il confine tra il regno longobardo e l'Esarcato bizantino. Nei secoli successivi fu teatro di numerose lotte tra Modena e Bologna che, a causa della sua posizione strategica, si contesero aspramente il suo territorio; controversie che proseguirono fino al 1411 quando Nonantola venne annessa al dominio estense. Anche nei decenni successivi i contrasti non si placarono e vi furono frequenti dispute riguardanti la manutenzione dei corsi d'acqua nelle zone di confine fino a che, nel 1613, vennero definiti in modo esatto i confini tra i due stati; essi furono segnati in modo inequivocabile da termini in pietra.
Dalla ricerca d'archivio è emerso che i 4 termini di confine possono essere datati al 1613 ma vennero posti fisicamente sul confine nel 1618; in origine erano 6 (dei due non presenti nel giardino della Perla Verde si conosce l'ubicazione di uno, presso un'abitazione privata, mentre dell'altro non si hanno notizie).
Grazie ad un documento rinvenuto presso l'Archivio Storico del Comune di Nonantola, datato appunto all'anno 1613, è stato possibile conoscere l'antica collocazione dei termini che marcavano il confine:
“uno era posto nella strada sotto il ponte Genarella verso Ravarino, uno nella via dell'Argine di là dal Ponte de' Galletti, uno nello stradello di Lampergola, uno nel principio della Via del Confine da casa del Marchese Ugo Pepoli, uno presso la Possessione degli eredi del medico Carandino e uno vicino il Panaro”
Questi cippi segnavano il confine non tanto tra Nonantola e Bologna quanto tra il ducato d'Este e quello Pontificio; recavano infatti scolpiti gli stemmi dei ducati sulle facce rivolte presso i rispettivi possedimenti che oggi purtroppo non sono più visibili poiché sono stati abrasi (forse dopo l'Unità d'Italia).
Sui termini di confine conservati si può oggi osservare nella parte inferiore lo stemma scolpito a bassorilievo del Comune di Nonantola da un lato e della città di Bologna dall'altro; inoltre 3 termini recano alcune incisioni: R 1700 in un cippo, RC 1700 in un altro (che indicano un'iscrizione commemorativa dei restauri realizzati sui cippi) e nel terzo “PIETRA RARA BISTEMMATA CONFINI NONANTOLA -BOLOGNA, 1820”, iscrizione fatta realizzare dal parroco di Bagazzano all'inizio del 1900 per commemorarne l'antica funzione.
Il recupero di questi cippi, che una volta defunzionalizzati divennero di privati o utilizzati con scopi molto diversi dagli originali, ha permesso l'allestimento di questo particolare percorso inserendoli in un itinerario che vuole valorizzare la grande importanza che essi hanno rivestito in passato.
LE SCULTURE PRESENTI NEL GIARDINO COMUNALE “PERLA VERDE”
All'interno del giardino “Perla Verde” sono collocate 3 interessanti sculture: due sono opera della scultrice berlinese Ingeborg Hunzinger e una dello scultore nonantolano Paolo Sighinolfi.
Ingeborg Hunzinger in occasione dell'anniversario della Festa di Liberazione ha donato al Comune di Nonantola due sue opere: la statua “La Melodia Perduta” nel 2002, per il 57° anniversario della Liberazione, in ricordo dei ragazzi di Villa Emma, e nel 2009, per il 64° anniversario della Liberazione, un'altra scultura dedicata ai circa 6400 profughi e immigrati ebrei che vennero internati in Italia dal governo fascista.
La scultura “La Melodia Perduta” rappresenta un giovane più alto della norma che suona il flauto addossato ad un albero con un dragone attorcigliato ai piedi; la Hunzinger in questa scultura ha voluto rappresentare il “drago fascista” nella sua forma più estrema e brutale che però può essere sconfitto grazie alla melodia suonata nella solitudine, la melodia rappresenta l'eterno che vince sulla bestialità e la violenza che sono fenomeni passeggeri.
Ingeborg Hunzinger è una scultrice tedesca che fu esule in Italia durante il periodo nazista, a 24 anni si recò in Italia e visse a Firenze dopo che in Germania le fu impedito di svolgere la carriera artistica da parte della Camera per la Cultura del Reich; il divieto da parte della Camera le fu imposto poiché era stata classificata comunista e sua madre era ebrea. A Firenze ebbe contatti con la Villa Romana, una casa per gli artisti tedeschi fondata prima della Prima Guerra Mondiale dove i giovani artisti potevano trascorrere un anno grazie ad una borsa di studio; lì conobbe il suo compagno, Helmut Ruhmer, da cui ebbe due figli e che morì al fronte poco prima della fine della guerra. Finita la guerra si iscrisse al Partito Comunista, negli anni '50 sposò il meccanico Adolf Hunzinger, un militante comunista, e si trasferì a Berlino-Est. Proprio lì acquisì una posizione all'Accademia delle Belle Arti e negli anni successivi ebbe numerosi incarichi: circa 40 sculture, di cui 25 a Berlino, si trovano nei luoghi dell'ex DDR.
La “Melodia Perduta” giunse a Nonantola dopo un fallito tentativo di collocarla in Calabria, a Ferramonti, nel luogo in cui c'era il più grande campo d'internamento per profughi ebrei in Italia.
La Hunzinger aveva realizzato la sua scultura ispirata da quel luogo e dal paesaggio bucolico della Valle del Crati ma rimase per tre anni nel suo studio perché un contadino aveva demolito con una ruspa l'ultimo edificio rimasto del campo d'internamento per appropriarsi del terreno per poter coltivare pomodori e lei si trovò a non aver più un luogo in cui collocarla. La scultrice pensò di portarla “dove erano stati i ragazzi” di Villa Emma poiché era a conoscenza della vicenda e amica del Prof. Klaus Voigt, che aveva conosciuto alla mostra dedicata al suo libro “Italia rifugio precario. Artisti e intellettuali tedeschi in Italia. 1933-1945”; il Prof. Voigt si occupò molto da vicino della vicenda dei ragazzi di villa Emma pubblicando nel 2001 in Germania e nel 2002 in Italia “Villa Emma. Ragazzi ebrei in fuga 1940-1945”.
Il 21 Aprile 2002, nel 57° anniversario della Liberazione di Nonantola, la scultura “la Melodia Perduta” venne collocata nel giardino “Perla Verde” del Comune di Nonantola per ricordare ai nonantolani, e non solo, la “melodia perduta” che vinse il dragone che minacciava la vita dei ragazzi di Villa Emma .
Ingeborg Hunzinger successivamente, visto fallire il tentativo di collocare il flautista in Calabria, realizzò per il campo di Ferramonti-Tarsia un'altra scultura dedicata ai 6400 profughi e immigrati ebrei internati in Italia. Anche in questo caso però non fu possibile trovare una collocazione per la sua opera a Ferramonti quindi la Ingeborg, dopo alcuni anni di attesa, acconsentì alla proposta di portare anche questa scultura a Nonantola, nel giardino “Perla Verde” a fianco del flautista.
Il rilievo, dedicato al ricordo dell'internamento degli ebrei in Italia, era legato al ricordo dei “ragazzi di Villa Emma” poiché, anche se i ragazzi ospitati a Nonantola ebbero la fortuna di non vivere quell'orrore, alcuni dei loro parenti e alcuni loro compagni fuggiti da Zagabria vennero invece internati a Ferramonti e in altre parti d'Italia.
Nonantola per di più, oltre ad aver accolto i “ragazzi di Villa Emma”, era una delle 170 località di “internamento libero”, una forma di residenza coatta.
L'opera della Hunzinger rappresenta il momento in cui i carri armati tedeschi si ritirarono verso il Nord passando accanto al campo di Ferramonti-Tarsia e gli internati abbandonarono il campo disperdendosi nei dintorni: sulla sinistra del rilievo sono scolpiti i cannoni dei carri armati, al centro una coppia in fuga vicino a un uomo con il berretto (il maresciallo dei carabinieri Gaetano Marrari che aiutò realmente gli internati in quel momento terribile), sul fondo del rilievo si possono osservare scene di vita degli internati sotto il sole della Calabria e a sinistra in alto alcuni capannoni. Le due figure in grigio presenti nel rilievo rappresentano “il pensieroso” e “l'interrogatore” che dovrebbero indurre chi le osserva a domandarsi su come una pagina così buia della storia possa essere stata scritta.
La terza scultura presente all'interno del Giardino Comunale è l' “Albero delle Favole” di Paolo Sighinolfi.
Sighinolfi, nato a Nonantola, si avvicinò alla scultura alla scuola di Don Beccari a Rubbiara poi proseguì i suoi studi all'Istituto d'Arte Venturi a Modena. Paolo Sighinolfi riuscì a trasformare un grande albero morto presente nel giardino della Perla Verde, un vecchio bagolaro, in una meravigliosa scultura.
L'albero delle favole prese vita nel 1987 quando Sighinolfi iniziò a lavorare all'opera; dopo 5 estati di intenso lavoro la scultura, che in origine doveva essere l'albero delle cicogne (Paolo stava per diventare padre del primo figlio), fu terminata.
Nel 1992 l'albero delle favole fu ricollocato nel giardino della Perla Verde; il vecchio albero tornò nel luogo da cui era partito con una nuova veste, trasformato in un racconto alto 5 metri in cui si intrecciavano animali reali e fantastici (il drago, la cicogna, lo scoiattolo, la lucertola...)
Nonostante i trattamenti protettivi a cui era stata sottoposta la scultura la permanenza all'aperto e l'esposizione alle variazioni degli agenti atmosferici causarono gravi danni all'opera tanto che, nell'inverno del 1995, fu sradicata e sottoposta ad un intervento di restauro. L'anno seguente tornò nel giardino Perla Verde posizionata sopra un piedistallo che la tenesse sollevata da terra ma nemmeno questo servì a risolvere la situazione e un paio d'anni dopo la scultura, ormai malata, morì cadendo a terra.
Dopo lo sgomento per la perdita di una scultura molto cara alla comunità prese forma un progetto di ricostruzione: dal calco dell'albero, ricomposto e rimodellato da Sighinolfi, si ricavò una scultura in bronzo che conservava la memoria del legno originario e un insieme di nuove energie.
SALA DELLE COLONNE E
SALA DEGLI AFFRESCHI DELL'EX REFETTORIO DELL'ABBAZIA DI NONANTOLA
Via Marconi n° 11
A causa dei recenti eventi sismici l'interno dell'edificio non è visitabile
41015 Nonantola (Mo)
Tel: 059-896656; 059-896657; 059-/896555
Fax: 059-896648
e-mail: archivio@comune.nonantola.mo.it;
archiviostorico@comune.nonantola.mo.it;
uit@comune.nonantola.mo.it
Orario: Sabato e domenica 9.30-12.30 e 15.30-18.30
Nel 1983, durante dei lavori di restauro intrapresi in un'ala del Palazzo Comunale, sono emersi degli affreschi di notevole importanza che in origine decoravano l'antico refettorio del monastero di Nonantola.
Il locale in cui sono stati ritrovati gli affreschi faceva parte del complesso abbaziale; il fabbricato in cui è collocato, prima di essere acquistato dal Comune nel 1898 con il resto del complesso per essere adibito a sede degli uffici comunali, era di proprietà della famiglia Salimbeni; già nel 1799, anno dell'acquisto da parte del conte Leonardo Salimbeni di numerosi beni appartenuti alla soppressa abbazia e al seminario nonantolano, questo locale era stato trasformato in granaio.
Il lo
Allegati:
c/o Palazzo della Partecipanza Agraria di Nonantola via Roma 21 (primo piano) - Nonantola
tel. 059/896639 (Mantovani) - 059/896656 (Ansaloni)
fax. 059/896590 - 648
e-mail: archivio@comune.nonantola.mo.it
referenti:
Ilaria Mantovani (Sport e volontariato)
Chiara Ansaloni (Museo di Nonantola ed Archivio storico)
orari:
Lunedì: Chiuso
Martedì: 9.00 - 12.30
Mercoledì: Chiuso
Giovedì: 09.00 - 12.30
Venerdì: Chiuso
Sabato: 9.00 - 12.30