ZECCHE - Comune di Nonantola

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ATTENZIONE ALLE ZECCHE

 

Le zecche sono artropodi, appartenenti alla classe degli Aracnidi, la stessa di ragni acari e scorpioni.
Si tratta di parassiti esterni, delle dimensioni che variano da qualche millimetro a circa 1 centimetro secondo la specie e lo stadio di sviluppo.
Hanno un capo, non distinguibile dal corpo tondeggiante, munito di un apparato boccale (rostro) in grado di penetrare la cute e succhiare dagli ospiti il sangue di cui si cibano.

Le zecche sono diffuse in tutto il mondo e se ne conoscono circa 900 specie. In Europa sono presenti la famiglia degli Ixodidi, dette "zecche dure" per la presenza di uno scudo dorsale coriaceo e quella degli Argasidi, o "zecche molli" senza scudo.
Il ciclo biologico, che può compiersi o sullo stesso ospite, oppure su due o tre diversi.
Dopo la schiusa delle uova, il passaggio da uno stadio a quello successivo richiede un pasto sia per le femmine che per i maschi. Le femmine adulte necessitano del pasto anche per la maturazione delle uova.
Le zecche non sono molto selettive nella scelta dell’organismo da parassitare e possono scegliere diverse specie animali dai cani ai cervi, agli scoiattoli fino all’uomo.
Le stesse specie che si nutrono su grandi mammiferi possono parassitare anche gli uccelli quando sono nello stadio di larva e ninfa.
Il pasto, durante il quale la zecca rimane costantemente attaccata all’ospite, si compie nell’arco di ore per le zecche molli, di giorni o settimane per quelle dure.
L’attività delle zecche è strettamente legata ai valori di temperatura e umidità ed in generale si concentra nei mesi caldi.
Durante la stagione invernale tendono a proteggersi dal freddo rifugiandosi sotto le pietre o interrandosi in profondità. Le zecche molli possono svernare nelle fessure delle rocce o nelle crepe dei muri di pollai e ricoveri per animali.
Con l’aumento delle temperature tornano in attività e rimangono tali fino all’autunno successivo.
L’habitat preferito è rappresentato da luoghi ricchi di vegetazione erbosa e arbustiva, con preferenze ambientali che dipendono dalla specie. La loro presenza dipende essenzialmente dalla presenza di ospiti da parassitare.
Per questo anche luoghi chiusi, come stalle e ricoveri di animali da pascolo, possono essere infestati.

Le zecche non saltano e non volano sugli ospiti, ma generalmente si portano sull’estremità delle piante erbacee o dei cespugli aspettando il passaggio di un animale al quale aggrapparsi (uomo incluso).
Grazie all’anidride carbonica emessa e al calore del corpo, questi parassiti possono avvertire la presenza di un possibile ospite e vi si insediano conficcando il rostro nella pelle cominciando a succhiarne il sangue.
La puntura è generalmente indolore perché le zecche inoculano nell’ospite una certa quantità di saliva che contiene principi anestetici.
Generalmente le zecche rimangono attaccate all’ospite per un periodo che varia tra i 2 e i 7 giorni e poi si lasciano cadere spontaneamente.

In Italia sono note 36 specie di zecche, tra quelle dure sono diffuse:

   ZECCA DEI BOSCHI (Ixodes ricinus): è ampiamente diffusa in un'area che si estende dal Portogallo alla Russia e dal Nord Africa alla Scandinavia.
   Si trova principalmente nei boschi decidui e nelle foreste miste, tuttavia frequenta anche habitat diversi in cui vivano gli ospiti su cui si nutre e siano caratterizzati da un microclima umido.
   A causa dei cambiamenti climatici e dell’intenso sfruttamento del suolo, negli ultimi anni le zecche si sono diffuse anche in molte aree rurali urbane.
   È relativamente piccola, le femmine che hanno dimensioni leggermente superiori ai maschi raggiungono dimensioni dai 4 ai 10 mm.
   Le larve si nutrono su una vasta gamma di ospiti, da piccoli rettili come le lucertole, a mammiferi di piccole e medie dimensioni, quali piccoli roditori, ricci, lepri, scoiattoli ed uccelli passeriformi.
   Gli adulti preferiscono mammiferi di grandi dimensioni, come, orsi, cervi e bestiame, che risultano indispensabili per mantenere ad alte densità la popolazione di zecche.
   Gli spostamenti degli ospiti possono inoltre favorire lo sviluppo di focolai infettivi in aree in cui precedentemente non erano presenti.
   La Zecca dei boschi mostra inoltre una spiccata antropofilia e può trasmettere un gran numero di agenti patogeni d’importanza medica e veterinaria, fra cui:
     -  Borrelia burgdorferi agente eziologico della Malattia di Lyme;
     -  Flavivirus ssp. agente eziologico della Meningoencefalite da zecche;
     -  Anaplasma phagocytophilum agente eziologico dell’Ehrlichiosi umana;
     -  Francisella tularensis agente eziologico della Tularaemia;
     -  Babesia ssp. agente eziologico della Babesiosi.
   Ulteriore materiale divulgativo sulla Zecca dei boschi è reperibile al seguente LINK.
 

   ZECCA BRUNA (Rhipicephalus sanguineus): conosciuta anche coma Zecca del Cane è presente in tutte le zone temperate del mondo. In Europa si trova dalla Svezia alla Grecia e dalla Franzia alla Polonia.
   È facilmente riconoscibile dal colore bruno-rossastro, dalla forma del corpo allungato e piatto e dalla base esagonale del capitulum (superficia piatta dove sono attaccate le parti della bocca).
   Il capo è dotato di occhi rudimentali, il rostro è corto e non è visibile dalla vista dorsale. Gli adulti sono di lunghezza compresa tra i 2 ed i 3 mm e non hanno ornamenti sulla schiena.
   L'habitat è fondamentalmente costituito da ambienti urbani e periurbani dove baracche con piccoli orti, serre a capannoni con presenza di piante ruderali e sterpaglie.
   In tali spazi generalmente si registra la presenza della sola Zecca Bruna e l'assenza di tutte le altre specie, essendo in essi ormai ridotti, o scomparsi, i biotopi e gli ospiti cui queste ultime sono associate.
   È noto che le aree migliori sono costituiti dai canili, o comunque da recinti in cui sono rinchiusi cani. Qui si formano nicchie idonee allo sviluppo delle ninfe che più degli altri stadi contribuiscono alla diffusione della specie.
   La Zeccca bruna, può comunque insediarsi anche in quartieri urbani e residenziali,
   In presenza di elevate infestazioni, ed in condizioni microclimatiche favorevoli, crepe d'intonaco nelle pareti di abitazioni, fessure di marciapiedi soleggiati, sottocale, sottogradinate, ed ogni altro anfratto possono diventare microhabitat adatti alla specie.
   Il suo ciclo vitale è definito "trifasico monotropico", cioè si svolge in tre stadi sulla stessa specie ospite. Addirittura è possibile che il secondo e il terzo stadio si sviluppino sullo stesso ospite.
   Quando la larva esce dall'uovo si attacca a un primo mammifero, che lascia dopo aver effettuato il primo pasto, trasferendosi a terra dove si trasforma in ninfa.
   Quindi deve trovare un nuovo ospite per un secondo pasto e ridiscendere a terra per mutare in adulto. A questo punto deve trovare un ulteriore ospite per consumare l'ultimo pasto e ritornare a terra, ove eventualmente depositare le uova.
   L'ospite preferito è il cane, ma può essere rinvenuta anche su altri animali domestici. Occasionalmente può parassitare altri vertebrati a sangue caldo (ovini, bovini suini ed equini), ivi compreso l'uomo, o micromammiferi come i roditori.
   L'espansione urbanistica, che ha portato l'uomo ad occupare aree prima pressoché esclusive di animali selvatici o domestici, è certamente fra le principali cause delle aggressioni da parte delle zecche, coinvolgendolo in epidemiologie con importanti ricadute cliniche:
     -  Flavivirus ssp. agente eziologico della Meningoencefalite da zecche;
     -  Francisella tularensis agente eziologico della Tularaemia;
     -  Rickettsia ssp. agente eziologico della Rickettsiosi;
     -  Babesia ssp. agente eziologico della Babesiosi.
   Ulteriore materiale divulgativo sulla Zecca bruna è reperibile al seguente LINK.
 

   ZECCA DELLA PECORA (Dermacentor marginatus): è diffusa in gran parte del bacino del Mediterraneo e nell'Europa centrale.
   In Italia è particolarmente frequente nei boschi di latifoglie aperti, margini boschivi soleggiati, luoghi erbosi lungo i sentieri, ed i pascoli della Toscana, Lazio, sui Monti Lattari e nella Penisola Sorrentina.
   È un'inconfondibile zecca di grandi dimensioni, della lunghezza di 3-5 mm, negli esemplari femmina sazi il corpo, dilatato e rigonfio di sangue, può arrivare fino a 1,5 cm.
   Il maschio ha la piastra dorsale, di colore variabile argenteo-grigio-rossiccio e aspetto smaltato, estesa su tutto il corpo. Nella femmina è invece presente solo anteriormente, di aspetto quasi circolare e colore chiaro variamente screziato.
   Durante l'inverno sembra scomparire perché scampa al freddo rifugiandosi negli anfratti dei muri, sotto la vegetazione, le pietre o interrandosi in profondità.
   Gli adulti, quando le condizioni climatiche tornano favorevoli, escono dal letargo e diventano più attivi tra l’autunno e la primavera.
   Vivono come parassiti succhiatori di sangue (ematofagi) attaccando mammiferi di grosse dimensioni come ovini, bovini, equini, suini.
   Le larve e le ninfe, attive in estate, parassitano piccoli mammiferi e uccelli.
   La Zecca della Pecora mostra inoltre una spiccata antropofilia ed è stata identificata come uno dei più probabili vettori della Rickettsia ssp. agente eziologico della Rickettsiosi;
   Ulteriore materiale divulgativo sulla Zecca della pecora è reperibile al seguente LINK.
 

   ZECCA GIGANTE (Hyalomma marginatum): sottospecie originaria dell'Africa settentrionale, si è da tempo diffusa nell'Europa meridionale ed in alcune parti dell'Asia. Dalla metà degli anni 2000 ha raggiunto la Germania e la Norvegia.
   Predilige il clima mediterraneo con moderati livelli di umidità e una lunga stagione secca estiva. Si trova tipicamente nei biotipi di steppa, savana e macchia collinare e valliva, mentre risulta assente dalle foreste decidue e miste europee.
   È una zecca grande con una lunghezza del corpo di circa 5-6 millimetri, in cui lo scudo dorsale copre l'intera sezione del tronco quando non è completamente saturo di sangue. A pasto completato può superare i 2 centimetri.
   La piastra dorsale è di colore marrone opaco uniforme, con la superficie coperta di grandi punti uniformemente diffusi e ravvicinati. Le zampe sono più leggere dello scudo e solitamente notevolmente anellate di colore ocra chiaro.
   Differentemente da altre zecche, che aspettano passivamente un ospite di passaggio in una posizione elevata nella vegetazione, la Zecca gigante cerca attivamente i suoi ospiti.
   Una volta individuata la preda, che è in grado di percepire fino a nove metri di distanza grazie a vibrazioni e all'anidride carbonica emessa dal respiro, la insegue anche per una decina di minuti alla velocità di un metro al minuto.
   Si tratta una zecca ditropica, cioè le larve ingorgate rimangono sullo stesso ospite per mutare a ninfe.
   Gli adulti invece cercano e si nutrono di un secondo individuo ospite dopo un periodo di diapausa, soprattutto grandi mammiferi, ungulati selvatici e domestici come i bovini.
   Gli stadi immaturi si nutrono preferibilmente di piccoli mammiferi come lepri, conigli, ricci ed uccelli erbivori, soprattutto Passeriformi e Galliformi. Non amano nutrirsi di roditori.
   Le larve, dopo essersi nutrite per due settimane tra giugno e luglio, osservano un periodo di riposo di tre settimane, mutano a ninfe e riprendono un periodo di nutrizione di ulteriori due settimane.
   Le ninfe mutano ad adulto a fine agosto, si staccano dall'ospite e scendono a terra, dove cercano animali di grandi dimensioni, soprattutto ungulati, bovini ed equini.
   Sul nuovo ospite si accoppiano per diverse settimane. Le femmine gonfie cadono dall'ospite a settembre/ottobre e svernare nel terreno dove depongono le uova, che si schiuderanno la primavera successiva.
   Le larve e le ninfe, attive in estate, parassitano piccoli mammiferi e uccelli.
   La Zecca gigante mostra inoltre una spiccata antropofilia ed è stata identificata come uno dei più probabili vettori di virus del genere Nairovirus responsabili della Febbre emorragica Crimea-Congo;
   Ulteriore materiale divulgativo sulla Zecca gigante è reperibile al seguente LINK.
 

In Italia sono state segnalate poco meno di una decina di specie di zecche molli, quelle più diffuse sono:

   ZECCA DEI PICCIONI (Argas reflexus): si tratta di una specie specie paleartica, originariamente parassita del colombo selvatico ed in seguito anche di quello domestico, è divenuta endofila ben adattata agli ambienti urbanizzati.
   In Europa la specie è presente in Francia, Germania, Polonia, Paesi balcanici, Svezia, Danimarca, ex-URSS, Gran Bretagna, Belgio, Olanda e Austria.
   In Italia è stata segnalata in quasi tutte le regioni ad eccezione di quelle più meridionali.
   È una zecca molle per l’assenza dello scudo dorsale, morfologicamente il corpo appiattito delimitato da un bordo finemente striato. È priva di occhi, e presenta il rostro in posizione ventrale.
   Il pasto di sangue di ninfe e adulti è molto rapido, con durata di 20-30 minuti. Quello delle larve invece può durare fino ad 11 giorni. La femmina dopo l’ovodeposizione non muore ma è pronta per compiere un altro pasto.
   Tipica degli ambienti rurali, dove è elevata la presenza dei piccioni, quando rimane priva dell’ospite per lungo tempo o è presente in numero elevato, spesso invade le abitazioni e attacca l’uomo, provocandogli talvolta danni molto gravi.
   Uno spiccato fototropismo negativo la porta ad essere attiva solo durante le ore di buio, mentre di girono tende a rifugiarsi nelle zone buie, nascondendosi negli anfratti dei muri o del legno, ma anche dietro quadri e sotto i cuscini.
   La Zecca dei piccioni è inoltre caratterizzata da un'eccezionale resistenza al digiuno, che può prolungarsi per notevoli periodi, finanche di sette anni.
   Essendo il ciclo di sviluppo della specie fortemente rallentato dalle basse temperature, questa zecca è attiva solo durante la stagione calda con un picco in corrispondenza della metà dell’estate.
   Pur svolgendo un ruolo significativo nella trasmissione di agenti patogeni nel piccione, a differenza delle specie precedenti, alle nostre latitudini non risulta essere veicolo di importanti malattie per l'uomo.
   In Egitto è stata segnalata come possibile vettore di West Nile, Chenuda e Quaranfil (responsabili di lievi malattie febbrili soprattutto nei bambini).
   Ciononostante la puntura di questa zecca acaro può dare origine a patologie cutanee, dovute all’immissione di tossine secrete con la saliva, durante il pasto.
   La puntura può provocare lesioni eritemato-papulose, eruzioni cutanee orticarioidi, con manifestazioni mucocutanee, respiratorie, gastrointestinali e cardiocircolatorie fino allo shock anafilattico.
   Ulteriore materiale divulgativo sulla Zecca del piccione è reperibile al seguente LINK.
 

   ZECCA DEL POLLAME (Ornithodoros coniceps): è distribuita in tutte le regioni zoogeografiche del mondo ad eccezione dell'Antartide.
   Parassita principalmente piccioni selvatici e domestici, rondoni, rondoni, galline domestiche, trampolieri ed uccelli marini.
   Possono venire attaccati anche i pipistrelli, che condividono con gli uccelli siti di nidificazione o di riposo in habitat rocciosi ed umidi. Raramente sono registrati casi che coinvolgono mammiferi domestici ospiti delle stalle.
   Nel continente africano, in Asia e nel Caucaso, sottospecie di questa zecca sono responsabili della trasmissione della Peste Suina tra maiali domestici e le razze selvatiche (cinghiali e facoceri).
   Da adulti presentano forma ovalare ed appiattita di colore variabile dal grigio pallido al grigio-bluastro, si nota l'assenza dello scudo dorsale. Hanno un rostro molto sviluppato visibile solo ventralmente e 4 paia di arti.
   La femmina è più grande del maschio e raggiunge una lunghezza di 5-6 mm. Le ninfe sono simili agli adulti, ma di dimensioni inferiori, le larve sono ancora più piccole e presentano 3 paia di arti.
   Sono parassiti temporanei, infatti gli adulti e le ninfe compiono ripetuti “pasti di sangue” soprattutto di notte per poi nascondersi in anfratti, tane, caverne, sassi, nidi e rifugi.
   Dopo la fecondazione, che avviene di solito nell’ambiente esterno, la femmina effettua un “pasto di sangue” e depone circa 100 uova nella tana, da cui si schiudono larve (esapodi) che restano quiescenti fino alla successiva muta in ninfe.
   Occasionalmente può attaccare anche l'uomo. La puntura di queste zecche è molto dolorosa e può causare irritazione cutanea e perdita di sangue.
   Ornithodoros coniceps è coinvolto nella trasmissione di Borrelie responsabili delle Febbri ricorrenti ed è anche vettore di Babesia spp., agente eziologico della Babesiosi e di Coxiella burnetii, agente eziologico della Febbre Q.
   Ulteriore materiale divulgativo sulla Zecca del pollame è reperibile al seguente LINK.
 

PREVENZIONE
Esistono alcune precauzioni per ridurre significativamente la possibilità di venire a contatto con le zecche durante le escursioni, o almeno per individuarle rapidamente, prima che possano trasmettere una malattia:

  • indossare abiti chiari (perché rendono più facile l’individuazione delle zecche);
  • coprire le estremità, soprattutto inferiori, con calze chiare (meglio stivali);
  • utilizzare pantaloni lunghi e preferibilmente un cappello evitare di strusciare l’erba lungo il margine dei sentieri;
  • non addentrarsi nelle zone in cui l’erba è alta;
  • al termine dell’escursione, effettuare un attento esame visivo e tattile della propria pelle, dei propri indumenti e rimuovere le zecche eventualmente presenti.

Le zecche tendono a localizzarsi preferibilmente sulla testa, sul collo, dietro le ginocchia e sui fianchi.
È preferibile trattare sempre gli animali domestici (cani) con appositi prodotti contro le zecche, soprattutto a ridosso di una escursione.
È altresì buona pratica controllare, scuotere ed eventualmente spazzolare gli indumenti prima di portarli all’interno delle abitazioni per poi lavarli.

Si ricorda inoltre che in commercio esistono repellenti per insetti utili anche per scoraggiare l’attacco delle zecche.

RIMOZIONE
Se individuate sulla pelle, le zecche vanno prontamente rimosse perché la probabilità di contrarre un’infezione è direttamente proporzionale alla durata della permanenza del parassita sull’ospite.
Solo dopo un periodo di alcune ore, in cui è saldamente ancorata per alimentarsi, la zecca rigurgita parte del pasto e potrebbe inoculare nel sangue dell’ospite eventuali patogeni.
Bisogna comunque tenere presente che solo una percentuale di individui è portatore di infezione.
Non utilizzare mai per rimuovere la zecca: alcol, benzina, acetone, trielina, ammoniaca, olio o grassi, né oggetti arroventati, fiammiferi o sigarette per evitare che la sofferenza indotta possa provocare il rigurgito di materiale infetto e un ulteriore affondamento del parassita nella pelle dell’ospite.
La zecca deve essere afferrata con una pinzetta a punte sottili, il più possibile vicino alla superficie della pelle, e rimossa tirando dolcemente cercando di imprimere un leggero movimento di rotazione. Attualmente si possono trovare in commercio degli specifici estrattori.
Durante la rimozione bisogna prestare la massima attenzione a non schiacciare il corpo della zecca, per evitare il rigurgito che aumenterebbe la possibilità di trasmissione di agenti patogeni.
Dopo la rimozione della zecca, disinfettare la zona, evitando l’utilizzo di disinfettanti che colorano la cute, come la tintura di iodio.
Durante le operazioni di rimozione le mani devono essere protette (con guanti) e poi lavate.
Spesso il rostro rimane all’interno della cute: in questo caso deve essere estratto con un ago sterile o con pinzette a punte sottili adeguatamente sterilizzate
È consigliabile conservare la zecca in una boccetta con alcol al 70% per una successiva identificazione morfologica ed eventuale isolamento di patogeni.
In caso di comparsa di sintomi (alone rossastro che tende ad allargarsi, febbre, mal di testa, debolezza, dolori alle articolazioni, ingrossamento dei linfonodi) è necessario rivolgersi il prima possibile al medico curante per poter ricevere cure mirate e medicine specifiche, informandolo qdella data e della località in cui si è venuti a contatto con la zecca.
Dopo la rimozione effettuare la profilassi antitetanica. L'uso di antibiotici per uso sistemico nel periodo di osservazione è sconsigliata, perché può mascherare eventuali segni di malattia e rendere più complicata la diagnosi.
Nel caso in cui, per altre ragioni, fosse necessario iniziare un trattamento antibiotico, è opportuno impiegare farmaci di cui sia stata dimostrata l’efficacia sia nel trattamento delle rickettsiosi che delle borreliosi.

 

 

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